Il calcio è sempre ricco di storie e retroscena. Particolarmente suggestiva e inedita quella che ha come protagonista Antonio Oliva, 20enne Portiere tarantino… O meglio, “ex calciatore”. Sì, perché Antonio ha deciso di appendere le scarpe al chiodo. “Sono sempre i sogni a dare forma al mondo”, questo scriveva Ligabue in uno dei testi delle sue canzoni più belle. Il sogno più comune dei ragazzini in Italia è senza alcun dubbio diventare calciatore. Basta chiedere ad un gruppo di amici al parco: “cosa vorreste fare da grandi?”, e la risposta sarebbe unanime, perché il sogno è quello, e ai bambini piace sognare. Antonio è un ragazzo come tanti, che ha capito di sentirsi ormai un pesce fuor d’acqua in un calcio che non gli piace più. Il calcio è passione, è vita, è emozioni, e fin dai primi anni della sua vita, ha scelto un ruolo non da riflettori puntati come l’attaccante… bensì il portiere:
“Tutto è iniziato quando avevo 6 anni, quando un mio amico mi portò a giocare a pallone. Inizialmente il mio ruolo era il terzino, poi tutto cambiò quando un giorno durante una partita, il nostro portiere si fece male e io andai in porta e parai il rigore. Poi in questi anni, la persona che ho amato e stimato a livello calcistico è stato Buffon come anche Handanovic, come modello di vita. Subito il Lecce: iniziai a giocare a 10 anni, ho fatto 4 anni lì, facendo i Giovanissimi Nazionali, poi a 14 anni la Convocazione in Nazionale. Indossare per me quella maglia è stato qualcosa di indescrivibile. Poi andai a Taranto e fu una bella parentesi, il mister mi fece fare anche il Capitano. Fare il capitano da portiere a 16 anni è una cosa molto bella. E ancora, il primo anno in D a Rotonda, firmai giovanissimo fino a 24 anni e feci l’esordio 17enne in quella stagione collezionando 26 presenze. A Messina, pur giocando di meno, sono cresciuto molto a livello umano anche in virtù del grande gruppo che c’era. A dicembre mi ha richiamato il Rotonda in Eccellenza per provare a vincere il campionato, però poi per vari motivi ho giocato poco”.
Dopo aver ripercorso la sua giovane ma intensa carriera, si arriva ad una decisione, parecchio sorprendente. Lasciare il calcio: “Motivi? Non esiste più la meritocrazia. Con il passare degli anni su questo ci sono passato molte volte sopra. Io amo il calcio e ho fatto tutto dando il meglio di me. Mi ha dato molto fastidio che in questi anni ho sentito troppe chiacchiere da tante persone. A 20 anni se dico una cosa la faccio, preferisco non inventare le cose e fasciare la testa a qualcuno con varie promesse. Anche quando giocavo, c’era qualcosa che mi dava fastidio, fin quando negli ultimi mesi è successo di tutto partendo dal cartellino con il Rotonda. Ci siamo scontrati un paio di volte con la società e non c’è stato un punto di incontro: la cosa più brutta è proprio questa, pensare ai soldi e non al ragazzo. Io ho smesso perché preferisco starmene a casa e non fare una guerra per il mio cartellino, anche perché la gente sa quanto valgo. Al giorno d’oggi, molti presidenti pensano soltanto al proprio tornaconto, divertendosi con i cartellini e soprattutto credendosi chissà chi… e allo stesso tempo vengono fatte figure perché non vengono pagati gli stipendi. Nel calcio italiano ne abbiamo viste tante: per esempio per quanto riguarda l’investimento sui ragazzi tarantini, io sono del parere che nel mondo di oggi la mentalità è cambiata. Ed è uno dei motivi che mi hanno spinto a lasciare il pallone, a volte si crede di più alle persone di fuori che non a quelle della propria città. E penso che Taranto ha tanti ragazzi validi”.
Non poteva mancare il suo punto di vista sulla regola degli UNDER: “Serve fino ad un certo punto, nel momento in cui uno non gioca per un mese, l’under viene subito mandato via. Nel calcio di oggi ci lamentiamo perché non c’è futuro e non ci sono ragazzi. Il calcio italiano viene rovinato da presidenti o allenatori che vogliono fare i maestri. Io devo ringraziare di aver fatto l’under perché mi ha permesso di diventare quello che sono. Questa regola, però, andrebbe tolta, anche perché ognuno deve dimostrare il suo valore, tanto alla lunga se non si è sfortunati, il giocatore esce. Due anni fa è stata l’estate più bella della mia vita: ho avuto richieste da diverse squadre di D, però poi sono successi questi episodi, non ho giocato e nel momento in cui non vieni schierato nessuno ti pensa…”.
Quanti pensieri avranno travolto la sua mente, sì, ma questa decisione avrà preso il sopravvento. Olio di gomito, per iniziare una nuova vita. Antonio è cresciuto, ma non si vuole mica fermare: “Negli ultimi mesi qualche lacrima per il calcio è scesa, per il semplice fatto che molti ragazzi vorrebbero intraprendere il mio percorso. Adesso sto bene, perché non ho più pensieri verso il pallone: nel senso che non aspetto più quella chiamata ogni giorno che purtroppo da mesi non arrivava. Non devo andare a scontrarmi con persone che hanno il mio cartellino. A 20 anni inizia un nuovo percorso, gli obiettivi nella vita vanno oltre il calcio. Avrò modo di godermi la famiglia, tutti coloro che mi sono stati vicini in questi anni e che ringrazio”.
Il carisma e i valori umani, d’altronde, sono sempre state caratteristiche rappresentative dell’Antonio calciatore e, soprattutto, uomo: “Futuro? Iniziare a lavorare in un’azienda, stare a casa, mettere dei soldi da parte. Penso che il mio obiettivo più grande è creare una famiglia e avere dei bambini: i miei genitori mi hanno trasmesso questo e un domani vorrei che i miei figli siano così. Devono affrontare la vita come viene e soprattutto senza timori”.
Il destino è compiuto? Chi lo sa, ma ora è arrivato il momento di seguire il cuore: un’altra strada che porterà Antonio lontano dal calcio. E pensare che in diverse circostanze ha respinto gli attacchi avversari con parate prodigiose…
Ringraziamo Antonio Oliva per la disponibilità e cordialità mostrata ai nostri microfoni, e gli auguriamo le migliori fortune personali e professionali.