Mentre c’è un’Italia completamente ferma e paralizzata socio-economicamente, c’è una squadra di Calcio che ha deciso di “combattere” questo triste periodo che la nostra nazione sta vivendo, continuando a lavorare sul campo, allenandosi e consentendo ai propri giocatori di tenersi fisicamente “pronti” per competere al meglio nel momento in cui si dovesse riprendere l’attività agonistica. Questa squadra è il Palermo, formazione che rappresenta un’evidente rarità nel panorama calcistico nazionale e che si distingue dal 99% delle Società italiane che, al contrario, hanno scelto di preservare i propri tesserati da ogni tipo di rischio, sospendendo qualunque attività a livello di Prima Squadra e di Settore Giovanile e Femminile, allenamenti compresi.
A spiegare il perché di questa scelta nettamente in controtendenza, è stato l’Amministratore Delegato rosanero Rinaldo Sagramola, che sulle colonne de “La Gazzetta dello Sport” ha inteso delineare quelle che siano le linee guida del Club panormita per affrontare questo determinato momento storico, oltre a specificare quelli che siano gli auspici societari rispetto al prossimo futuro, con riferimento al proseguo del Campionato in corso.
“Cosa farà il Palermo da qui in avanti? Continuerà a lavorare regolarmente, questo è certo. Diversamente cosa potremmo fare? Anche a voler dare dei giorni di riposo, i giocatori mica possono tornare a casa? Dalla Sicilia non possono muoversi e quindi è meglio continuare a lavorare, così almeno si distraggono e non pensano alla situazione che verte attualmente nel nostro Paese.
Prendiamo atto del provvedimento che ci obbliga a star fermi sino al prossimo 3 Aprile e ci adeguiamo. Tutto ciò non fa altro che confermare la gravità del momento che forse si era sottovalutato fino ieri. Penso che il lavoro quotidiano sarà sufficiente per non pensare e non stiamo prendendo in considerazione la possibilità di offrire particolari supporti ai giocatori.
C’è chi paventa l’ipotesi di chiusura anticipata del Campionato? Francamente non mi va di alzare lo sguardo così lontano. Una soluzione del genere vorrebbe dire che la situazione sarebbe divenuta assai più grave di quanto già non lo sia adesso.
Pensare che si arrivi a chiudere tutto anzitempo vorrebbe dire che da qui a un mese non sapremmo neppure quale sarà il destino dell’Italia, non solo del Calcio italiano. A questo non posso e non voglio pensare, per il bene del Paese, della salute pubblica e della situazione economica nazionale.
L’unica utilità che vedrei, sarebbe il segnale forte che si darebbe in quel caso al Paese, vista l’importanza del Calcio, un messaggio molto forte da lanciare a chi sottovaluti ancora il problema. Se poi la disputa di una partita a porte chiuse, aumenti oppure No le possibilità di contagio, per quanto non sia uno scienziato, a sensazione direi di no. Anche perché immagino che nel decreto sottoscritto dal Presidente del Consiglio dei Ministri, in cui si prevede lo svolgimento delle partite a porte chiuse, sia stato valutato ogni tipo di rischio.
Se poi si dovesse tornare indietro su questo tipo di decisione, allora vorrebbe dire che c’è bisogno di alzare l’attenzione sui comportamenti quotidiani dei cittadini, in particolar modo dei giovani, sempre sensibili alle dinamiche del Calcio. Ai nostri Calciatori abbiamo semplicemente detto di porre in essere i comportamenti necessari per tutelare le propria salute e quella del gruppo, evitando assembramenti, andando a cena in orari in cui c’è meno gente ed effettuando pochissimi spostamenti, utilizzando le proprie autovetture il meno possibile. Per il resto, affrontiamo il futuro con fiducia e attendiamo che gli Organi competenti decidano se e quando effettivamente potremo riprendere, portando a termine questo benedetto Campionato”.