Storia di un amore nato sin dal principio. Non ci è voluto molto a capire quanto fosse importante il pallone per Salvatore Bruno, attaccante e punto fermo della Vigor Carpaneto. Tanti gol e la solita, intramontabile voglia, di rimandare la parola fine. E pazienza se chiuderà la carriera senza segnare nemmeno un gol in Serie A. Ha deciso di continuare nei Dilettanti: prima il Rezzato, poi la Vigor Carpaneto, a cui Sasà sta dando il suo contributo per raggiungere gli obiettivi prefissati dalla squadra piacentina. Attualmente, con 98 reti all’attivo, è l’ottavo marcatore più prolifico della Serie B fra quelli ancora in attività. Non servono molte presentazioni, perché l’ex attaccante di Modena, Giana Erminio, Ascoli, Brescia, Torino, Chievo, di pagine di storia ne ha scritte infinite. Senza sosta. Senza mai fermarsi. E soprattutto grazie ad una forza fuori dal normale: una potenza sprigionata da cuore, testa e… spirito di sacrificio. Infatti, in esclusiva a TuttoSerieD.com, l’esperto centravanti ha fatto un excursus di tutta la sua carriera, i motivi per cui ha scelto la Vigor Carpaneto, con una piccola parentesi sul futuro. Dall’idolo Careca a quei colori sempre sognati e indossati: campione in campo e nella vita. Sasà talent scout? Passato, presente e futuro su un campo da gioco per continuare a sognare “ogni maledetta domenica”, molto più in là probabilmente in giacca e cravatta, penna e quaderno per gli appunti.
VIGOR CARPANETO – “E’ stato così per caso. Ho incontrato un mio amico per strada e passando di là Marzio Merli, attuale direttore della Vigor, ci siamo messi a parlare. Io dovevo andare a Coverciano a fare il corso da allenatore, poi mi ha passato il Presidente. Lui mi dice: ‘Ti piacerebbe incontrarmi per fare due chiacchiere’. Io rispondo: ‘Pres, ma io smetto’. Alla fine ci ho pensato bene, anche alla società. Sentivo dentro che avevo voglia e non ho voluto ascoltare più nessuna richiesta. Mi avevano chiamato Lucchese, Prato. Solo che avevo dato la parola alla Vigor e poi ho firmato. Obiettivo? E’ quello della squadra. Salvarsi al più presto. Non siamo partiti benissimo, anche avendo una squadra forte. Facciamo spesso i soliti errori. Anche domenica contro il Mezzolara, faccio un esempio, a fine partita, i giocatori avversari che mi dicono: ‘Come fate ad avere 18 punti’. Questo un po’, ti fa rabbia, ma si vede che ci sono dei problemi da risolvere. Il gruppo è fantastico, io sono il nonno. Mi sto divertendo, non meritiamo questa classifica. Inutile piangersi addosso, dobbiamo solo pedalare e regalare la salvezza la presidente che se lo merita. Punto di riferimento per gli under? Essendo il più grande, mi sento molto responsabile, in quanto gioco. A volte guardando il vissuto e l’età, vorresti anche vincere le partite da solo, ma non è così. Ci sono dei ragazzi umili con tanta voglia di migliorarsi e ascoltano qualche mio consiglio, non solo in allenamento, ma anche per la vita. I 2001 hanno 18 anni, e quindi stanno ancora crescendo. I giovani sono tutti bravi, forse quello più pronto è Galazzi, o lo stesso Carrozza che è arrivato adesso”.
MANTOVA – “E’ una partita che si carica da sola. Non c’è bisogno di stimoli. Gara difficile, dal sapore diverso, visto che è la prima della classe. L’errore da non commettere, è di andare lì e chiudersi. Ce la giocheremo con le nostre forze, cercando di portare a casa i punti”.
PASSIONE CALCIO – “Ho iniziato come tutti i ragazzi, per strada. Forse rispetto ad oggi, ho iniziato anche tardi. Credo che la mia scuola calcio sia stata proprio quella. Andavo sempre dietro a mio fratello, e giocavo sempre con i più grandi. E se devo essere sincero, non c’erano le possibilità di andare in una scuola calcio. Mio padre, quando avevo 11, a un signore che mi seguiva per strada, mi fa: ‘Se lo portate, senza pagare niente. Io ve lo do’. Ho fatto un anno in una squadra di Napoli e l’anno dopo sono andato subito lì. Da lì è iniziato tutto e la passione che vedo negli occhi di mio figlio è sempre con il pallone in mano. E figurine, da quel punto di vista mi somiglia tantissimo. Idolo? Quegli erano gli anni di Careca al Napoli”.
ESORDIO NAPOLI – “Se dovessi raccontare tutto stiamo qui fino a domani mattina (ride ndr). L’esordio doveva avvenire un paio di mesi prima, mi ricordo, eravamo a Genova con la Sampdoria e nella rifinitura, feci una scivolata e presi una distorsione alla caviglia. Saltò tutto, guardai la partita dietro i tabelloni pubblicitari. C’erano Mihajlovic, Montella, e fu bellissimo guardarla da fuori. Mi ripresi e arrivò il giorno dell’esordio con il Brescia. Una stagione travagliata, quell’anno retrocedemmo in B. C’erano tanti problemi, però fu bello, e probabilmente non ero pronto per un esordio da titolare. Fu una partita importante per la stagione e per la salvezza. Perdemmo 3-0, non rinnego niente di quella giornata: per un ragazzo di Napoli che cresce a Scampia e fa l’esordio in A non è da tutti. In quel Napoli c’erano Allegri, Protti, Bellucci. Sempre tifoso del Napoli. L’altro giorno è stata una partita emozionante sotto tutti i punti di vista. La gente che si è ravvicinata alla squadra. Momento difficile, tanti malumori. Però non posso pensare che da un giorno all’altro, il Napoli che ci ha fatto divertire in questi anni, di punto in bianco siano diventati tutti ‘brocchi’. Sicuramente ci sono stati dei problemi, ma c’è un allenatore come Gattuso che può sistemare tutte queste cose”.
ESORDIO COPPA UEFA – “L’allenatore era Pillon. Quell’anno il Chievo faceva i preliminari di Champions League. Le due gare sono stato in panchina, e non sono entrato. Poi continuavo ad allenarmi bene e poi siamo andati in Coppa Uefa. In Europa è tutto diverso”.
CAMBIAMENTI CALCIO – “Le categorie esistono per quello. Più sali e più è difficile. Il campionato italiano a livello difensivo e tattico credo che sia ancora il più forte, lo dimostrano le parole di giocatori come Ronaldo o Lukaku. E’ questa la differenza tra A, B e C. Il livello rispetto a prima sceso. Se andiamo un po’ indietro, 15-20 anni fa, un giocatore come me di 38 anni, non sarebbe riuscito a fare 18 gol in C. Prima si smetteva molto prima, in quanto non riuscivi a stare al passo. Arrivare a 38-40 anni come possono essere Tavano o Maccarone e fare ancora gol, significa che qualcosa è cambiato. Io a 38 anni non potevo essere un fulmine di guerra e vincere uno scatto con un ragazzo di 20 anni, però magari sopperivo con la tecnica, l’esperienza o un movimento. Per quello dico che il livello è sceso, lasciando perdere questi ultimi 2 anni, dove sono arrivati giocatori importanti che hanno alzato il livello, e uno tira l’altro. L’Italia ha passato degli anni particolari, dove non abbiamo pazienza e vogliamo i risultati subito. Bisogna investire anche sugli allenatori”.
MODENA – “Davanti eravamo Stefano Okaka, io e Biabiany. E lottavamo per salvarci. Magari se fosse stato oggi, avremmo vinto il campionato con quelle squadre. Sono stati 3 anni bellissimi, ho fatto 50 gol e lì è stata la mia consacrazione nella categoria”.
CARRIERA – “Sono stato bene ovunque. Al Brescia, fu un anno pazzesco. Mandarono via Maran dopo tre vittorie di fila. Eravamo uno squadrone. Ascoli tutt’oggi rimane per me una delle piazze più belle. Posso parlare anche del Torino dove ho fatto sei mesi incredibili, trovando un gruppo fantastico. Vicenza è stata la prima squadra di C quando ho deciso di scendere di categoria. Sono stato benissimo a Bari, rifarei tutto. Anche perchè a volte mi chiedono: ‘Come mai non sei in Serie A?’ Quella è stata una mia scelta, perchè io ho iniziato per passione e non volevo stare mai in panchina. Facevo fatica, anche gli anni lì a Chievo, c’erano giovani come me che preferivano stare in panchina. A me piaceva giocare, davanti c’erano giocatori importanti come Pellissier, Amauri, Cossato. E sono sceso anche di categoria per questo, volevo essere protagonista, la panchina mi faceva diventare triste”.
GOL PIU’ BELLO – “Lo scavino contro il Pisa di Ventura, con la maglia del Modena, dove feci una tripletta. A livello tecnico è il più bello”.
ALLENATORI – “Tutti mi han dato qualcosa, Maran è stato quello che mi ha dato più di tutti. Con lui ci metto anche Pillon, con cui ho fatto due anni ada Ascoli spettacolari. Devo qualcosa a lui sicuramente”.
TOP COMPAGNO DI SQUADRA – “Scelta difficile. Ne posso dire tanti, da Bonfiglio e Brienza ad Ascoli, Possanzini a Brescia, Quagliarella a Torino. E poi Alex Pinardi, dei 200 gol fatti almeno 100 sono anche i suoi, giocatore pazzesco, da grandi squadre”.
TOP DIFENSORE AFFRONTATO – “Non ci ho giocato tante volte contro, però Francesco Acerbi. Proprio tosto”.
200 GOL IN CARRIERA – “Dopo la Giana, volevo smettere lasciando un bel ricordo. Mi aveva chiesto la Pistoiese, ma non volevo spostarmi. Volevo finire in doppia cifra, e non volevo smettere da bollito. Poi si è presentato il Rezzato, ed era una delle poche squadre che faceva la Coppa Italia Tim. Questo è stato il caso della vita: e ho detto accetto. 40 minuti da Piacenza. Tutta la preparazione ero concentrato su quella partita, a Salerno, dopo ho fatto 7-8 gol all’Arechi. Uno stadio che mi ha portato sempre bene e volevo fare il 200esimo. E così è stato. Aspettavo con ansia quella partita e ce l’ho fatta, poi segnare con una squadra di D a una di B, è sempre una bella soddisfazione”.
FINE CARRIERA (DI SOLITO SITUAZIONE VICINO CASA) – “E’ stata una mia scelta quella di finire la carriera qui. Abbiamo un’attività a Milano, dove lavora mia moglie e dopo un girovagare per tutta l’Italia, ho preferito rimanere al Nord. Abbiamo casa a Piacenza, ci siamo sposati qui. L’abbiamo fatto più per lavoro. Mi ha sempre seguito da quando avevamo 20 anni. E questo è stato anche uno dei motivi della mia scelta, quando sono venuto alla Giana Erminio, perchè avevo ancora tante richieste in C, però ho preferito in queste zone qua”.
RIMPIANTI – “Non aver vinto il campionato di B con il Modena o con l’Ascoli e rimanere dopo la Promozione. Andare in A con la tua squadra e con il tuo ambiente, dove fai bene e hai la fiducia di tutti, è diverso. Quello è l’unico rimpianto, di non aver fatto gol in Serie A. Però al 30-40% è stata una mia scelta quella di scendere di categoria, ma sono contento di quello che ho fatto”.
40 ANNI – “Mi sento benissimo. A volte penso sempre a cosa può pensare la gente fuori, però poi vedo che faccio 90 minuti e soprattutto al meglio. Però qualcosa in me dice di smettere. Poi ho incontro avversari che mi dicono che posso giocare altri 3 anni. Ho un po’ di magone, smettere non è bello e non lo so ancora. Credo che sia arrivato il momento. Segreti non ne ho, faccio il mio e mi do da fare, sfruttando al meglio l’esperienza. Quest’anno ho deciso di non battere i rigori, cerco di essere più altruista che rigorista, adesso. Spero che il giovane faccia meglio di me”.
OBIETTIVI – “La vocazione da allenatore forse non l’ho mai avuto. Mi piacerebbe rimanere dentro al mondo del calcio, a livello di scouting, dirigente o collaborare con qualche agenzia di procuratori. Mi piace scoprire, anche vedere i ragazzi. Mi piacerebbe iniziare così”.
Ringraziamo l’ufficio stampa della Vigor Carpaneto e Sasà Bruno per la disponibilità e cordialità mostrata ai nostri microfoni.