Dal 2000 ad oggi sono state numerosissime le società calcistiche, non solo di Serie D, che hanno dovuto dichiarare fallimento e ripartire dai campionati minori. L’ultima stagione calcistica italiana senza fallimenti è la 1999/2000: da quell’annata in poi, moltissime società sono fallite, rendendo evidenti i problemi gestionali del sistema-calcio nostrano.
Nonostante la sua popolarità, il calcio in Italia non rappresenta un business sostenibile e genera spesso indebitamento e depauperamento a causa dello scarso supporto economico da parte della Federazione e dello Stato, nonostante provvedimenti come la cosiddetta “Norma Salva Calcio” introdotta dopo la pandemia.
A rendere ancor più complessa la situazione è stato il decreto Dignità che ha eliminato gli investimenti in marketing delle case da gioco. L’abrogazione di tale decreto potrebbe però rappresentare una boccata d’ossigeno per le società calcistiche, anche di Serie D, come evidenziato da studi recenti. Le sponsorizzazioni delle società di iGaming potrebbero risollevare le sorti di molti club che versano in condizioni finanziarie disastrose. I ricavi delle società da gioco infatti sono in costante aumento ogni anno e nel 2023 in Italia hanno superato i 2 miliardi di euro, merito anche delle applicazioni per tablet e smartphone. Più nello specifico le app dei casinò online che operano legalmente in Italia hanno contribuito con oltre il 60% alle entrate totali del settore, evidenziando l’importanza crescente del mobile gaming nel mercato italiano.
Una media di 7 fallimenti societari all’anno
Dal 2000 a oggi circa 180 squadre professionistiche hanno dichiarato fallimento, con una media di 7 società saltate ogni anno. La maggior parte dei fallimenti si registra in Serie C (anche quest’anno ci sono i casi spinosi di Taranto e Turris, che sembrano ormai vicine all’esclusione a campionato in corso), ma in passato sono state interessate da questo destino anche squadre di Serie A (Fiorentina, Napoli, Torino) e Serie B (Bari, Catania, Reggina, Palermo), e ovviamente il fenomeno interessa anche i dilettanti (a far rumore negli ultimi giorni è stata l’esclusione dell’Albenga). L’estromissione di una squadra da un campionato non solo mina la regolarità del torneo incidendo sulle classifiche e stravolgendo i verdetti di promozioni, qualificazioni a playoff e play-out e retrocessioni, ma porta con sé conseguenze di rilievo anche dal punto di vista economico, poiché ci sono tesserati e fornitori non pagati, ma anche sociali, poiché per alcune territori la scomparsa di un club causa una vera e propria perdita in termini di tradizioni, cultura e dinamiche di aggregazione sociale.
Cosa determina il fallimento di una società sportiva
Il fallimento di una società sportiva, inquadrata giuridicamente come Spa o Srl, si verifica quando essa non è in grado di saldare i debiti contratti. Il Tribunale dichiara il fallimento e nomina un curatore per liquidare il patrimonio e pagare i creditori. La squadra perde il titolo sportivo e l’affiliazione alla Figc. Nonostante il giro d’affari che vi ruota attorno, il calcio italiano non è sostenibile proprio perché le società sportive spesso accumulano debiti e subiscono perdite significative e ciò rende il fallimento un evento frequente. La Figc ha introdotto nel tempo regole più stringenti per l’iscrizione ai campionati, con controlli più severi. Tuttavia, questi interventi non sono stati sufficienti a risolvere il problema. Anche il Governo è intervenuto con misure come la “Norma Salva Calcio” per aiutare le società a far fronte alle difficoltà economiche.
Le criticità del sistema calcio
Attualmente il sistema calcio italiano ha tra le sue principali criticità, l’elevato indebitamento, i costi del lavoro troppo alti, la dipendenza dai diritti televisivi e dal calciomercato, la scarsa valorizzazione dei settori giovanili e la difficoltà nel costruire stadi di proprietà. Negli anni, sono state proposte diverse riforme ma molte sono state bloccate o non hanno prodotto i risultati sperati. È evidente la necessità di una revisione complessiva del sistema, che affronti le criticità economiche, finanziarie e strutturali per garantire la sostenibilità e la competitività del calcio italiano nel lungo periodo.