Emilio Longo, Michele Criscitiello e Simone Paolo Puleo. Questo curioso trio sta caratterizzando le recenti fortune della Folgore Caratese. Il primo da tecnico, l’altro, da Presidente giovane e ambizioso passando dall’ultimo, e attuale responsabile del settore giovanile del Benevento, diventato il simbolo della collaborazione fra i due campani. L’episodio risale all’ottobre del 2008 quando Criscitiello, tifoso dell’Avellino, accoglie al campo d’allenamento il suo nuovo tecnico, salernitano doc, con la maglia biancoverde di Puleo, che ora Longo custodisce come simbolo quasi porta fortuna. «Arrivato al primo giorno di lavoro – racconta Longo – il Presidente mi accoglie con questa maglia per augurarmi buona fortuna, scherzando allegramente sulla mia simpatia per la Salernitana. Fra noi due c’è un rapporto importante, fatto di stima reciproca e di confronto. Si discute anche, visto i nostri caratteri forti, ma tutti e due abbiamo la capacità di prenderci le classiche 24 ore per metabolizzare il tutto e tornare al lavoro». Il primo incontro fra i due è stato alquanto professionale e lontano dallo scherzetto della maglia: «Ci siamo conosciuti negli studi di Sportitalia quando io ero impegnato in uno stage all’Inter di Spalletti e stavo per terminare il corso a Coverciano per conseguire il patentino Uefa Pro (ottenuto con il voto massimo di 110, ndr). Erano passate una decina di giornate della stagione 17/18 e abbiamo avuto un bel colloquio, senza però arrivare a stringere un accordo per la stagione in corso. Un anno dopo mi ha proposto di subentrare in panchina a Carate. Ho accettato perchè, dopo l’esperienza alla Cavese, con due campionati sfiorati, avevo voglia di un progetto completo, fatto di organizzazione e professionalità, cose che qui ho trovato». L’esperienza a Carate di Longo non si può non considerarla positiva visto che da subentrato ha portato i biancoblù al sesto posto in classifica, estromessi dai playoff per la classifica avulsa sfavorevole. Al secondo anno, prima dello stop di fine febbraio, la sua Folgore era quinta e in un buon momento di forma dopo un periodo di flessione iniziato a gennaio, e con una semifinale di ritorno di Coppa da giocare, forte però del 3-0 assegnato a tavolino in casa della Sanremese. «Sicuramente c’è un po’ di rammarico di non poter giocare il finale di stagione – ammette Longo – visto che questo gruppo si merita di concludere una stagione che li ha visti protagonisti. Qui a Carate in questi due anni, abbiamo formato una vera e propria famiglia, con persone che vivono per questa società. Mi dispiace molto quando la Serie D viene messa nel calderone dei Dilettanti e lasciata un po’ a sè stessa in questo periodo difficile. Chi è indicato a prendere delle decisioni forse non sa che la maggior parte delle squadre produce uno sforzo per tutta la settimana e ci sono moltissime persone che vivono solo di questo. Ci sono tanti addetti ai lavori che si muovono da tutta Italia. Siamo etichettati come Dilettanti, ma quello che facciamo è paragonabile benissimo a una Serie C o anche a una B». Serie professionistiche che Longo conosce bene visto che ha avuto la possibilità di fare da vice allenatore a Carmine Gautieri al Livorno in Serie B e a Raffaele Novelli alla Pro Patria in C2 nel 2010. Anno, quest’ultimo, che segna per Longo l’inizio della sua carriera da allenatore, lasciando il suo lavoro come agente di commercio. I primi passi da tecnico però iniziano da giovanissimo: «Avendo smesso di giocare molto presto, ho fin da subito avuto la vocazione di fare l’allenatore. Avendo meno di 25 anni dal 1996 al ’99 organizzavo al campo tornei di squadre a 11 dove mi divertivo a giocare e ad allenare fino al mio arrivo al Pontecagnano. Al primo anno vinciamo il campionato e il Presidente acquisisce il titolo di Promozione. 3 anni di categoria e poi il salto in Eccellenza, seguito poi nel 2007 dalla Serie D, dove sono rimasto fino a ora». Ma all’inizio da affrontare non c’era solo il verdetto del campo, ma anche il difficile compito di gestire calciatori più grandi: «La mia prima esperienza da tecnico lontano da casa l’ho avuta a 26/27 anni e mi sono trovato ad allenare gente più grande di me, con il capitano che aveva 34 anni. La squadra si divertiva anche a scherzare su questa cosa e al primo allenamento non credevano che fossi io il loro allenatore. Poi attraverso il lavoro e la dedizione si è creato un bel rapporto». Dedizione e lavoro che gli hanno anche fatto vincere una rivalità storica. Quella fra Salernitana e Cavese: «Da salernitano allenare la Cavese, rivale storica dei granata, non è stata la cosa più naturale del mondo. Ma devo dire che mai nessuno si è permesso di far leva su questo, visto anche il mio impegno e la mia determinazione di raggiungere determinati risultati. Un episodio molto bello e che ricordo con affetto è stata la prima volta che sono andato sotto la curva dei nostri tifosi, cosa che non ho mai fatto in precedenza. L’accoglienza è stata meravigliosa, ho sentito il loro affetto, anche grazie al coro che cantavano in memoria di Catello Mari, loro bandiera e tragicamente scomparso nel 2006 per un incidente stradale». Il presente, però, dice Folgore Caratese: «A Carate, io, mia moglie Cristina e nostro figlio ci troviamo benissimo. È una realtà che vivo ogni giorno. Quando tutto sarà ristabilito, attenderò che venga deciso il percorso che vorrà intraprendere la società, e se saranno felici di continuare insieme, mi troveranno certamente a disposizione». Longo e Folgore, un binomio nato sotto la maglia di Puleo.