Lo sguardo spiritato di Schillaci è uno dei ricordi più indelebili di Italia90, con la colonna sonora di Bennato e della Nannini
Un altro protagonista del calcio italiano è volato in cielo, aveva solo 59 anni, lottava contro il cancro e si chiamava Salvatore Schillaci detto Totò.
Questo incipit è stato utilizzato da quasi tutte le testate giornalistiche, non solo sportive, che da tempo avevano pronto il cosiddetto “Coccodrillo” per omaggiare la dipartita di colui che è stato protagonista delle notti magiche di Italia 90.
Noi vorremo inquadrare Totò da un altro punto di vista, da quello umano, senza “iperbolismi”, passateci il neologismo, che sono alla base di ogni articolo celebrativo di un personaggio noto che rende la sua anima a Dio.
La storia di Schillaci è una storia cinematografica, accostabile a quella di Rocky Balboa, una persona qualunque, con un basso grado di istruzione, che grazie allo sport riesce a “sfondare” e ad essere l’eroe di oltre 60 milioni di italiani.
Eppure fino a quel 9 giugno di 34 anni fa Totò era ancora un comprimario del calcio italiano. Era esploso nel Messina targato Zeman, dove vinse anche la classifica cannonieri. Poi passò alla Juventus di Zoff, fresca vincitrice della Coppa Uefa e della Coppa Italia, superando il Milan di Sacchi.
Era stato convocato in nazionale da Vicini, ma era considerato la riserva della coppia d’attacco formata da Vialli e Carnevale. Totò siede in panchina e assiste per quasi settanta minuti ai tentativi degli azzurri di scardinare la difesa austriaca e di far esplodere lo stadio Olimpico. Stadio che era un turbinio di tricolori agitati al vento. Tuttavia gli azzurri non riuscivano a concretizzare e il Commissario Tecnico azzurro decide di mandare in campo Schillaci al posto di Carnevale.
Per Totò è l’occasione della vita. La sfrutta in pieno dopo dieci minuti, quando su un cross dalla destra dio Vialli, impatta la sfera con la testa e gonfia la rete austriaca. Il boato dell’Olimpico è impressionante. Bruno Pizzul conia la frase “Schillacigol” che sarà ripetuta altra cinque volte nel corso di quel Campionato del Mondo. Dove Schillaci entrerà definitivamente nel gota del calcio mondiale. Si aggiudicherà il titolo di capocannoniere, con 6 reti. Eguagliando un altro mostro sacro del Calcio Italiano quel Pablito Rossi, anch’egli volato in cielo troppo presto.
La corsa di gioia dopo il goal, ricordava un po’ quella di Tardelli al Bernabeu otto anni prima, eppure ora c’è qualcosa di diverso, l’espressione con “gli occhi spiritati”. Che Totò assume e che assumerà dopo ogni goal. Prontamente inquadrato dalle telecamere Rai e che sono l’emblema di quelle notti magiche che avevano fatto sognare al popolo del Bel Paese il quarto titolo mondiale. Sappiamo tutti come è andata a finire. Con la semifinale di Napoli, nella quale Totò farà comunque il suo dovere reso vano dalla “papera” di Zenga e dagli errori dal dischetto di Donadoni e Serena. Totò comunque arriverà secondo al pallone d’oro e sarà eletto miglior giocatore della competizione.
Dopo il Mondiale la popolarità di Schillaci è al top. Bersaglio della Giallapas per i suoi strafalcioni lessicali durante le interviste, continua a giocare per due anni nella Juventus con l’amico Baggio. Poi il taglio per far posto a Vialli e il trasferimento all’Inter fino al 1994.
Infine la parabola discendente. L’esperienza in Giappone l’addio al calcio. I problemi economici e l’apparizione in programmi televisivi come Pechino Express, con un nuovo look e una sorprendente chioma al posto di un’incipiente calvizia.
Il primo dicembre avrebbe compiuto sessant’anni.
Mimmo Bafurno, TuttoSerieD.com