A quasi 90 giorni dal suo esonero da direttore sportivo dell’ACR Messina Antonio Obbedio racconta di un ritorno in una città amatissima per sposare un progetto di rilancio, di un successivo addio e di tante amarezze. E, in ultimo, la bizzarra storia di un assegno irregolare, per chiudere una “partita” che sul piano dei rapporti umani è andata nel peggiore dei modi.
“Il mio legame con Messina non sarà mai messo in discussione. Quando sono tornato qui mia figlia mi ha detto: papà che ne dici se mi iscrivo all’Università di Messina? In quei mesi sono andato spesso al cimitero alla tomba di Aliotta, un presidente indimenticabile. Amo Messina e sono grato a chi mi ha dato l’opportunità di tornarci, ma il mio esonero è stato un grandissimo errore anche strategico oltre che tecnico. Quanto accaduto dimostra che si può essere grandi imprenditori, ma il calcio segue altre logiche”.
Di Messina Antonio Obbedio aveva i ricordi di stagioni di sfide, di traguardi conquistati, il calore della città e dei tifosi. Un periodo di speranze. Gli anni della C e della conquista della Serie B. Nel giugno 2019 ha quindi accettato di tornare con entusiasmo e convinzione.
“Sapevo delle macerie ma… Sono stato felice di tornare qui proprio perché volevo far vedere alle mie figlie questa città e riallacciare i legami con i tifosi- racconta- Il progetto di rilancio mi ha entusiasmato. Sapevo delle macerie e delle devastazioni delle precedenti stagioni, ma non potevo immaginare la realtà, che poi ha complicato il mio lavoro di ricostruzione. Quello che la famiglia Sciotto non ha compreso è che un conto è fare gli imprenditori nel settore delle auto o in qualsiasi altro campo. Un altro è il mondo del calcio. E’ una questione di tempi, ci sono dinamiche legate ai tempi di crescita e non solo. Guardi, le prendo ad esempio il Savoia”.
L’ex calciatore del Messina di Aliotta e degli anni d’oro raffronta il percorso dell’ACR in questa stagione e quello del Savoia. Al momento del suo esonero, il 22 ottobre scorso (dopo 4 mesi dall’ingaggio), l’ACR era a 3 punti dal Savoia. In quei giorni la società del Savoia che era a 11 punti dal Palermo era contestata dai tifosi. I dirigenti hanno però detto: si va avanti con questo gruppo. Hanno dimostrato per primi di credere nelle persone che avevano scelto, dall’allenatore ai calciatori al direttore sportivo. Tre mesi dopo i risultati hanno dato ragione alla società che adesso si sta giocando il campionato con il Palermo.
“Grazie alla mia presenza in tanti hanno pensato, allora le cose andranno bene, l’ACR vuol davvero ricostruire – prosegue Obbedio – Invece non è possibile che ad inizio campionato, se le cose non vanno smantelli la squadra e ridimensioni il progetto economicamente. Se si costruisce sulle macerie ci vogliono mesi, se non anni. Si poteva anche arrivare al terzo, quarto o quinto posto e giocarcela ai play off. Non è che spendendo di più vinci, serve solidità ed equilibrio mentale. E’ stato impedito il percorso di crescita. Non puoi fare ad inizio campionato il discorso se vinci sei un asso se perdi sei un asino”.
Fin qui l’amarezza dell’addio, che ci sta tutta perché ogni storia che finisce lascia delusione e rabbia, soprattutto se viene interrotta sul nascere. Ma è sul piano umano che Obbedio ha provato la maggiore delusione. Gli accordi firmati a fine giugno come direttore sportivo prevedevano in caso di esonero il saldo della cifra pattuita per l’intera stagione entro i successivi 60 giorni. L’accordo aveva a garanzia un assegno post datato a fine maggio 2020. Dopo l’esonero, avvenuto il 22 ottobre scorso, Obbedio, rispettoso delle regole, ha incontrato la società per rimodulare quell’assegno tenendo in considerazione le somme già incassate.
“Già a giugno nel primo assegno era stata sbagliata la data, sicuramente per una svista e l’avevo fatta correggere- spiega- Poi in occasione del secondo assegno avevano di nuovo sbagliato la data (ndr. 30 maggio 2019 invece che 2020), e l’ho fatta correggere di nuovo. L’intoppo è stato un altro….”
Obbedio avvisa l’ACR che scaduti i 60 giorni avrebbe messo l’assegno all’incasso (con una procedura che prevede il versamento di una cifra in percentuale all’Agenzia delle entrate). Non ottiene nessuna risposta. Il 2 gennaio, a 60 giorni già scaduti, manda una nuova mail, ricevendo in risposta l’annuncio di un successivo incontro. I giorni passano. Si reca all’Agenzia delle entrate, dove paga la percentuale dovuta, e poi allo sportello della banca per l’incasso. Ed è così che scopre che l’assegno è irregolare perché riporta la cifra esatta in numeri ma errata in lettere: 27.000,00 in cifre ma ventisette in lettere. Morale della favola non si può incassare.
“Ho chiamato l’avvocato dell’ACR che mi ha detto che c’è stato anche in questo caso un errore materiale ed io non ne dubito. Forse la fretta….- racconta ancora l’ex ds– Ma da allora non si sono fatti sentire. A me non resta, con questo perdurante silenzio che procedere per le vie legali, per chiarire qualsiasi tipo di comportamento scorretto sia stato commesso. Non si può abusare della buona fede delle persone”.
L’avvocato Stefania Arena ha mandato la diffida e la messa in mora, ma dal 15 gennaio nessun cenno è arrivato dalla società. Per Obbedio oltre al danno la beffa di aver pagato la percentuale all’Agenzia delle entrate….
“Il comportamento sul piano umano è sconcertante- continua- Per non parlare delle accuse che mi sono state rivolte attraverso la stampa dopo l’esonero. Paolo Sciotto, dopo la sconfitta nel derby con l’FC Messina ha puntato il dito contro i calciatori dicendo che non erano all’altezza e che io avevo fatto un danno gravissimo sia tecnico che economico. Non ho replicato per rispetto ai tifosi ma non puoi fare queste accuse per giustificare le tue scelte di ridimensionamento economico. Chi è dirigente del Messina deve ricordarsi che opera in una squadra blasonata, che ha visto presidenti come Aliotta, Massimino. Il direttore sportivo non costruisce solo una squadra, ma la gestisce anche sul piano psicologico. I giocatori, dopo il campo, vengono a bussare da me. A loro è venuto meno un punto di riferimento. Io mi sono fidato di imprenditori noti e seri a livello regionale, ma il calcio non si fa così. La squadra non è della famiglia Sciotto, la squadra è dei tifosi e della città. Stanno adottando comportamenti, non solo con me, da medioevo. Non puoi dire se non fai gol non ti pago. Non è questo il modo di gestire una squadra come il Messina”.